• 18 Giugno 2025 14:09

Referendum dell’8 e 9 Giugno: 5 Sì per un’Italia migliore

L’8 e 9 giugno voteremo per abrogare cinque norme sbagliate che puniscono lavoratori, lavoratrici e chi vorrebbe la cittadinanza italiana dopo anni di lavoro, integrazione e tasse pagate.

In questo articolo raccontiamo punto per punto di cosa parlano i quesiti e perché il Partito Democratico si schiera deciso per cinque sì.

I 5 quesiti che troveremo sulle schede, sono referendum abrogativi, ovvero che puntano ad abrogare, ossia eliminare, una legge, o una parte di essa. Si vota sì per abrogare la legge, ovvero cambiarla, e no per lasciarla com’è. Il Partito Democratico è in campo per 5 Sì, vediamo perché.

Quesito numero 1 – STOP AI LICENZIAMENTI ILLEGGITIMI

Il SÌ al referendum rende più forte il diritto a non essere licenziati senza un valido motivo, nelle imprese con più di 15 dipendenti, ampliando i casi in cui si ha diritto a essere reintegrati sul posto di lavoro.

Il  al referendum abolisce infatti le norme che hanno ridotto, per le lavoratrici e i lavoratori di queste imprese, assunti dopo il 7 marzo 2015, la possibilità di potere essere reintegrati nel proprio posto di lavoro quando hanno subito un licenziamento illegittimo, sono stati cioè licenziati senza un valido motivo economico o disciplinare.

Quesito numero 2 – PIÙ TUTELE NELLE PICCOE IMPRESE

Il SÌ al referendum rende più forte il diritto a non essere licenziati senza un valido motivo, nelle imprese fino a 15 dipendenti, rendendo possibile un indennizzo più alto.

Il  al referendum abolisce infatti il limite massimo, pari a 6 mesi di retribuzione, dell’indennizzo cui hanno diritto le lavoratrici e i lavoratori di queste imprese, quando hanno subito un licenziamento illegittimo: sono stati cioè licenziati senza un valido motivo economico o disciplinare.

Con il SÌ al referendum l’ammontare dell’indennizzo è stabilito dal giudice, senza un tetto massimo.

Quesito numero 3 – FERMIAMO IL LAVORO PRECARIO

Il SÌ al referendum mette uno stop all’abuso dei contratti a termine che, nel marzo del 2025, occupavano 2 milioni e 700 mila persone.

Il contratto a tempo indeterminato è il contratto centrale nel nostro ordinamento. Assumere a termine dà flessibilità alle imprese ma crea incertezza e precarietà nella vita delle persone. Bisogna quindi che l’assunzione temporanea sia motivata da ragioni valide (organizzative, produttive ecc.).

Il  SÌ al referendum abolisce la possibilità di fare contratti inferiori ai 12 mesi senza fornire alcuna motivazione, e, per i contratti di durata fra i 12 e i 24 mesi, la possibilità che le causali siano definite dalla contrattazione aziendale o personale fra datore di lavoro e lavoratore, che non hanno ovviamente lo stesso potere.

Con il SÌ al referendum il contratto a termine diventa possibile solo se risponde a una delle motivazioni individuate dalla contrattazione collettiva nazionale, siglata dai sindacati comparativamente più rappresentativi.

Quesito numero 4 – PIÙ SICUREZZA SUL LAVORO

Il SÌ al referendum amplia la responsabilità in solido (ovvero di dovere corrispondere all’infortunato il risarcimento deciso dal giudice) dell’impresa appaltante nel caso di incidenti sul lavoro negli appalti e subappalti.

Il SÌ al referendum abolisce infatti la norma che limita la responsabilità solidale del committente e si assicura che chi lavora negli appalti, in caso di infortunio, abbia un risarcimento certo e integrale, anche nel caso in cui l’appaltatore non paga.

Con il SÌ al referendum si favorisce quindi un controllo complessivo del  Committente  sulla scelta di appaltatori idonei, limitando la frammentazione eccessiva del  ciclo  produttivo che accresce il livello di rischio sul lavoro.

Quesito numero 5 – RICONOSCIAMO LE FIGLIE E I FIGLI D’ITALIA

Il  al referendum segna il primo passo per migliorare la legge del 1992, che in Italia regola l’acquisizione della cittadinanza italiana. Nello specifico interviene su uno dei requisiti necessari per presentare la domanda di cittadinanza, dimezzando, da 10 a 5, gli anni di residenza continuativa in Italia necessari. Tutti gli altri requisiti (reddito stabile, conoscenza della lingua, non aver commesso reati, aver pagato le tasse) restano invariati.

Un quesito tanto semplice quanto impattante sulla vita di oltre due milioni di persone che potrebbero accedere allo status di cittadini e cittadine dopo tanti anni di lavoro, studio e residenza ininterrotta in Italia.

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